Nato ad aprile 2020

Aprile 11, 2021 10 Di metallaracoifiocchi
Chi ben comincia è a metà dell’opera!

Sono diventata mamma per la prima volta l’anno scorso, nel pieno della prima ondata della pandemia di COVID-19. Non sono l’unica e lo so, eppure mi è capitata una cosa strana che ha reso tutto un po’ più complicato e che ha avuto un paio di risvolti positivi, anche tre. Ma facciamo un passo indietro.

L’idea di partenza

Avevo deciso di lavorare fino all’ottavo mese incluso in modo da avere quattro mesi di maternità dopo la nascita del bimbo. La mia idea era: pianificare le attività in toto, mettere in ordine documenti e materiali e passare le consegne a chi mi avrebbe sostituita. Volevo arrivare a fine marzo lasciando, a lavoro, tutto il più possibile a posto e utilizzare il nono mese per concentrarmi sul fatto che sarei diventata mamma. Ovvero: comprare almeno le cose da mettere nella valigia per l’ospedale, la carrozzina, i pannolini e il minimo per sopravvivere le prime settimane. Naturalmente la pandemia aveva completamente sconvolto il piano di lavoro per l’anno appena iniziato, per cui ero super concentrata a trovare piani B, C, D…Z e la gravidanza non era esattamente il mio primo pensiero.

L’inconveniente: 37,5 “is the new febbre

In linea generale comunque, ero abbastanza tranquilla: sapevo che avrei partorito all’Ospedale Maria Vittoria di Torino, mi seguivano all’Ambulatorio di Diabete e gravidanza e da lì mi stavano organizzando tutte le visite che avrei dovuto fare nell’ultimo periodo, incluse quelle per poter avere la peridurale (che volevo ASSOLUTAMENTE!). Non ero riuscita a fare il corso preparto, ma la cosa non mi preoccupava più di tanto. Arrivata la fine di marzo, alla trentaseiesima settimana di gravidanza, sono finalmente andata in maternità. Il martedì mi sono alzata all’alba e, tranquilla e beata, mi sono presentata al Maria Vittoria per la visita di controllo per il diabete gestazionale. Ho parcheggiato un po’ distante, ho fatto la mia passeggiata e mi sono presentata alla signorina nell’atrio di ingresso dell’ospedale per il triage. Tutto bene fin quando non mi ha misurato la febbre: 37.8. “Sarà stata la camminata, aspetti che tolgo la sciarpa e i capelli dalla fronte, prendo un po’ d’aria e riproviamo” le ho detto. Lei era d’accordo e così abbiamo fatto. Ma niente, la temperatura è rimasta quella. Hanno chiamato il reparto e mi hanno spostato la visita, fatto questo mi sono ritrovata fuori dall’ospedale con un nulla di fatto e una certa qual dose di rabbia e di scombussolamento. Sono tornata a casa e ho chiamato il medico di base: mi ha detto che probabilmente non era niente, di misurare la febbre tutti i giorni, aspettare due settimane e, se tutto fosse rientrato nella norma, riprendere a fare le visite e gli esami previsti. Mi ha detto che forse avrebbe potuto trattarsi di un’alterazione fisiologica della gravidanza di cui di solito nessuno si accorge…già…quando nessuno si misura la temperatura in modo ossessivo compulsivo come oggigiorno! Le ho chiesto se avrei potuto fare un tampone così da togliere tutti i dubbi ed essere più tranquilla. Sì, il tampone! Non era mica come oggi! Oggi si trovano test rapidi, tamponi in farmacia, pit stop davanti agli ospedali…all’epoca (sembra passato un secolo!) i tamponi erano più rari dei diamanti, quindi…niente. Stia a casa. Ok. Ho fatto i compiti come uno studente diligente: ho misurato la febbre tutti i giorni comunicandola alla dottoressa. Nessun altro sintomo, ma la temperatura rimaneva sempre intorno ai 37.4. Passate due settimane, ho chiamato l’ospedale e mi hanno detto di non andare alla visita per non rischiare visto che la glicemia si manteneva nella norma. “Ok”, ho replicato, “Ma io devo fare la visita con l’anestesista per la peridurale!” Mi hanno risposto male: potevo scordarmi l’epidurale perché gli anestesisti erano tutti impegnati in terapia intensiva (sottointeso: non hanno mica tempo da perdere con le vigliacche che si preoccupano del dolore).

Piano B, ma i dubbi rimangono

Ok, respira profondamente…piano B. Nelle settimane seguenti mi sono buttata su internet a cercare informazioni e alternative: fortunatamente su Facebook ho trovato due pagine (Mondo Doula Piemonte e Casa Maternità Prima Luce) che offrono servizi di accompagnamento dalla gravidanza ai primi mesi dopo la nascita. Ho telefonato e parlato con alcune ostetriche che mi hanno dato molte informazioni utili. Mi hanno detto che all’Ospedale Sant’Anna di Torino avrebbero dovuto fare la peridurale senza problemi ed erano attrezzati anche per le gravidanze e i parti delle mamme positive al COVID. In ogni caso non sono potuta andare a fare visite con la mia temperatura sempre un po’ borderline, anche perché non riuscivo a guidare e farmi accompagnare dall’altro lato della città per niente non era proprio il caso. Fortunatamente sono riuscita a farmi visitare da un cardiologo e ad avere l’elettrocardiogramma che mi serviva per la peridurale. Per il resto nulla. Neanche la ginecologa mi ha visitata perché, giustamente, non poteva rischiare. Io non sapevo se il mio bimbo fosse cresciuto, quanto pesasse, se fosse tutto ok, se fosse podalico oppure girato nel modo giusto. Nulla. Dovevo stare a casa. Lo capivo, ma, devo ammetterlo, ero furiosa. Se non altro avevo la fortuna (più o meno!) che il mio bimbo si muovesse moltissimo già nella pancia, quindi quantomeno sapevo che era vivo.

Fare shopping online: un’ardua impresa

Oltre a tutti i problemi più strettamente “medici”, ne avevo uno logistico: dovevo comprare qualcosa da portare in ospedale per me e il bimbo. Ho realizzato in quel momento che tutti i negozi erano chiusi, quindi mi sono buttata sullo shopping online. Il problema è che essendo il primo lockdown, le persone non avevano ancora avuto il tempo di riorganizzarsi: sugli e-commerce c’erano pochi prodotti e mancavano moltissime taglie. Le consegne andavano a rilento, anche per dare la precedenza a quello di cui c’era maggiore necessità come le mascherine, i guanti e il gel igienizzante. Con fatica e anche fortuna sono riuscita a mettere insieme un po’ di cose: il metodo? Sbirciare qui e là su internet le liste dei vari ospedali su “cosa mettere nella valigia” perché non avendo fatto il corso preparto, nessuno mi aveva detto cosa mi sarebbe servito.

E alla fine Sant’Anna ci ha messo lo zampino (per fortuna!)

Quando è stata ora di partorire mi sono presentata in Ospedale così…senza che mi conoscessero né mi avessero mai vista, senza le ultime visite ed esami, ma con una lista di tutto quello che dovevano sapere con urgenza (gruppo sanguigno, diabete gestazionale, PERIDURALE) e la temperatura stranamente nella norma. Mi hanno ricoverata e la sera stessa mi hanno fatto il tampone: negativo. Sarà stata Sant’Anna…in ogni caso ho avuto la mia peridurale (e meno male!) e tutto è andato come doveva.

Qualche personalissimo risvolto positivo

Qualcosa di positivo però c’è stato: chiusa in casa nessuno ha potuto vedermi con la pancia all’apice del suo “ingombro”, cosa che ho apprezzato moltissimo perché detestavo sentirmi e vedermi così simile a un camion betoniera. Mi ha anche tenuta fisicamente lontana da tutti in un periodo in cui non ero affatto socievole: l’orso ha potuto rimanere nella sua caverna, in santa pace, senza troppi tormenti del genere “fammi vedere/toccare la pancia!”. E nessuno ha potuto venire a trovarmi in ospedale, cosa che non volevo nella maniera più assoluta! Non volevo che nessuno mi vedesse in quelle condizioni e così è stato. Solo il papà ha potuto vedere il piccolo appena nato e stare con noi un’oretta dopo il parto. Avrebbe anche potuto assistere, ma io non ho voluto: gli orsi non amano che li si veda affrontare i loro momenti difficili. A parte gli scherzi, questa era una cosa non da poco visto il periodo e, che io sappia, il Sant’Anna era l’unico ospedale a permetterlo.

In conclusione…ricordare per non mollare

Ecco quindi tutto quello che mi è successo nell’ultimo mese di gravidanza e devo dirlo: mi sono sentita davvero abbandonata a me stessa. Non è stata colpa di nessuno, sia chiaro, solo di una situazione a cui nessuno era preparato, meno che mai io. Sono stata molto fortunata e alla fine tutto si è risolto.

L’alterazione della temperatura corporea può effettivamente verificarsi durante la gravidanza. Ho chiesto informazioni a un’amica medico: mi ha detto che solitamente succede nei primi mesi, ma non è escluso che possa capitare anche nei successivi (anche se non è una cosa “da manuale”). Secondo me questo sarebbe un argomento da approfondire con uno studio: magari si scoprirebbe che succede più di frequente di quanto non si pensi perché, in tempi normali, quando ci si misura la temperatura solo quando si sta effettivamente male, semplicemente passa inosservata. Nel mio caso la temperatura corporea è tornata nella norma dopo la nascita del Cucciolo, ma ovviamente la cosa che mi ha definitivamente tranquillizzata è stato l’esito negativo del tampone fatto in ospedale.

È passato solo poco più di un anno dall’inizio della pandemia eppure sembra passato un secolo. Non ne siamo ancora venuti a capo eppure, fortunatamente, sono cambiate tante cose. Oggi trovare mascherine, guanti, gel igienizzate e dispositivi di protezione vari non è più un problema. I tamponi (e i relativi reagenti) ormai si trovano anche nelle farmacie. Ci sono i vaccini e gli ospedali sono preparati ad affrontare la malattia (anche se le terapie intensive sono ancora sotto stress). Comprare online, farsi portare la spesa o i pasti a casa sono diventate cose normali: i servizi ci sono e funzionano perché gli esercizi commerciali si sono riorganizzati adeguandosi alle nuove necessità. Siamo ancora in lockdown, ma forse iniziamo a intravedere la luce in fondo al tunnel.

Credo che, nonostante le difficoltà e gli enormi problemi (di salute, sociali ed economici) che la pandemia ha portato, a volte sia utile ricordarsi come stavano le cose solo pochi mesi fa per concentrarsi sui passi avanti fatti e continuare a tenere duro in attesa di ritornare alla normalità.